lunedì 30 maggio 2011

Ramiro Ledesma Ramos

Ramiro Ledesma Ramos nasce ad Alfaraz de Sayago (Spagna) il 23 maggio 1905. Figlio di un insegnante, a 16 anni si trasferisce a Madrid dove lavora come impiegato alle Poste. Autodidatta, non ebbe mai sostentamento economico da parte della famiglia. Si interessa fin da giovanissimo di filosofia (soprattutto testi francesi) e successivamente si appassiona alla cultura tedesca. Inizia ad imparare il tedesco per poter leggere i testi originali e in breve tempo diventa traduttore dei maggiori filosofi di lingua teutonica. Tra il 1923 e il 1925 scrive cinque libri: “Il vuoto”, “Il giovane suicida”, “Il fallimento di Eva”, “Il sigillo della morte” e “Il Chisciotte ed il nostro tempo”. Nel 1926 si iscrive alla facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Madrid e a quella di Scienze Esatte. Nel 1930 termina gli studi e svolge il servizio militare. Terminato il servizio inizia a collaborare con le riviste “Gazzetta Letteraria” e “Rivista d’Occidente”, periodici dell’avanguardia culturale spagnola. Ortega y Gassett, suo insegnante, lo introduce nel modo degli studi avanzati della filosofia tedesca, leggerà i testi di Ottogaard, Hegel, Scheler, Meyerson, Rickert, Hartmann, Heidegger, Fichte, solo per citare i maggiori.
Il passo dall’arte letteraria alla politica fu brevissimo.
Teorizza l’idea di nazionalsindacalismo che diverrà la base ideologica della Falange Spagnola. Fonda la rivista “La conquista dello Stato” e il movimento politico JONS-Juntas de Ofensiva Nacional Sindacalista (1932-1933), che unirà successivamente alla Falange di Primo de Rivera. Entra in contatto con le avanguardie politiche francesi, in particolare con Ordine Nuovo e con la rivista Progetti. Diviene il maggior rappresentante di quella che viene definita la Rivoluzione Conservatrice, idea capace di coniugare i sentimenti di rinnovamento sociale con il nazionalismo.
Crede fortemente nella rivoluzione condotta da un’élite altamente preparata e nella creazione di uno Stato del Lavoro, mediante l’introduzione (nelle medesime intenzioni di Benito Mussolini) del corporativismo e della socializzazione delle imprese e dei mezzi di produzione.
Si separa dalla Falange Spagnola nel 1935, giudicando la sua linea politica eccessivamente reazionaria e non adeguata strategicamente al destino che sognava per la sua Spagna.
Negli ultimi due anni scrive “Fascismo in Spagna?” e “Discorso alla gioventù di Spagna”. Con Fascismo in Spagna? approfondisce i veri motivi che impedirono la formazione di un movimento politico autenticamente fascista in Spagna. Fonda successivamente la rivista La Patria Libera e “Nostra Rivoluzione”. Dopo lo scoppio dell’insurrezione armata contro la Repubblica Spagnola viene arrestato e imprigionato nel carcere centrale di Madrid. Il 29 ottobre 1936 viene ucciso da membri del Fronte Popolare e seppellito in una fossa comune di Aravaca. Il suo maestro Ortega y Gassett, saputa la notizia esclama: “Non hanno ucciso un uomo, hanno ucciso un’idea”.
Mitificato e censurato dal franchismo (censurato per volere della Chiesa), fu quasi dimenticato fino ai primi anni ’80 dello scorso secolo. Meglio di ogni descrizione però è la citazione a delinearne il carattere rivoluzionario ed autenticamente fascista: “Tagliate tutti i ponti con le illusioni internazionaliste, con quelle liberal-borghesi e con il parlamentarismo. Dovreste sapere che, in fondo, queste non sono che le bandiere dei privilegiati, dei grandi proprietari terrieri e dei banchieri, perché tutta questa gente è internazionale quanto il loro denaro ed i loro commerci. Liberali, perché la libertà permette loro di edificare come un feudo il loro grande potere contro lo Stato Nazionale del Popolo. Parlamentaristi perché la macchina elettorale è nelle loro stesse mani: la stampa, la radio, gli incontri e la propaganda”.

1 commento:

  1. ... Ciao, non sono nazionalista, per nulla. Anzi, penso che i confini siano stati disegnati dai vincitori di guerre imperialiste. Non credo nella politica basata sulle differenze etniche, ne' ho sentimento patrio. Pur tuttavia la figura di Ramiro mi e' sempre stata cara. Proprio per via della sua indole entusiasta. Purtroppo l'entusiasmo viene spesso manipolato e usato da chi ne e' privo. Cosi' fecero i Franchisti e la stessa classe padronale che lo indusse a contrapporre alla lotta di classe (unica arma dei lavoratori contro la schiavitù) la collaborazione di classe.
    Ora ti saluto e ti auguro fiumi di lettori per questo blog, sono contento comunque di averti ritrovato. Un abbraccio.

    Dudu

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